In principio probabilmente ci fu la Meraviglia.

Niente storie da raccontare se non ci fosse stata la Meraviglia.

Nessuna necessità di dipingere, scrivere o comporre musica.

Se non c’è Meraviglia, non c’è niente che davvero sia degno di essere narrato. E così sarebbero aride le fonti per la fotografia, la musica, i dipinti, i romanzi, le sculture o le canzoni.

Niente arte…

Una delle prime cose che ho scoperto sulla fotografia è la sua capacità di raccontare storie coinvolgenti. Senza usare parole.

Può essere che questo sia stato il fattore decisivo per me. La sua eloquenza, i suoi silenzi. E il fatto che possono anche non esserci parole, ma devo avere qualcosa da dire.

David DuChemin (http://davidduchemin.com) dice “non ci sono regole”. Anch’io trovo che sia vero, in un certo senso. Forse l’unica “regola” è che devo avere qualcosa da dire.
Ma: è una regola questa?

Penso di no. Almeno non nel senso che comunemente do alla parola.
Non è una sorta di dispositivo tecnico-semantico che posso utilizzare per ottenere un contenuto (o prodotto…) interessante.
Non è un qualche tipo di legge che le autorità possono costringermi ad osservare, anche se non voglio.

E così posso fare quello che mi pare, no?
No…

La realtà è che non per niente facile o gratuito, almeno per me. Devo essere energicamente costretto ad alzarmi dal divano e a mettermi al lavoro.

Non sarebbe bello se potessi semplicemente starmene sdraiato sul tappeto di fronte al caminetto (vero o figurato che sia), fissando gli alberi fuori dalla finestra e sorseggiando un buon caffè mentre aspetto che le storie vengano a me, pronte ad essere raccontate: immagini pronte ad essere trasformate in pixel da un pigro movimento del dito indice sul pulsante di scatto?

Onestamente: sarebbe fantastico!

Credi alle fate, agli elfi, alla magia e ad ogni tipo di sortilegi?
No?
Spero che non ti importi: io sì.
A modo mio.
Io credo nelle Muse. Esse appaiono all’improvviso, spargendo in aria una qualche polvere magica e dorata. In quell’istante la faccia noiosa che vedo ogni giorno diventa interessante, il posto in cui vivo e il panorama che do per scontato cambia in qualcosa di fantastico. Vedo storie degne di essere raccontate tutto intorno a me, immagini si trasformano in fotografie.
E’ la Musa, la sua presenza che illumina la vita e trasforma il grigiume in colori.

Quindi fa tutto il lavoro lei per me? E’ lei che si occupa delle cose sporche e pesanti, lasciandomi tutta la gloria?
Non la mia…

Ovviamente, non è niente di nuovo: è una verità ben nota, semplice e per niente pretenziosa. Devo stare là fuori. Vivo e all’opera (f/8 and be there, ricordate?) Non posso starmene sdraiato a far girare i pollici, perché la Musa se ne andrà.

Lei è gelosa, estremamente gelosa. Si potrebbe dire che ha una intensa coscienza di sé. Sa molto bene quanto è preziosa, quanto rari e inestimabili sono i suoi doni. Non posso avere i suoi favori senza pagarne il prezzo, semplicemente.
Devo essere attivo, interagire con le fonti. Devo bere la vita alle sorgenti.

Bene, direi che basta con questa roba new-age.
Io sono Maurizio e sono un pigro.
E fondamentalmente autoindulgente.
E sono molto propenso a procrastinare, molto. Ho rimandato la scrittura di queste parole per più di un anno intero… E volevo davvero cominciare a scrivere un blog, morivo dalla voglia!
E che dire dei progetti fotografici su cui ho presso appunti su appunti? E che non ho mai cominciato? Mi sono crogiolato al sole, riscaldato dal fluire delle idee, persino congratulandomi con me stesso per essere così creativo… Ma non ho mai cominciato a lavorare…
E sai cosa? Il flusso ha cominciato a balbettare, il sole a raffreddarsi, i colori si sono fatti via via meno saturi, attraverso toni di grigio giù fino ad un nulla assoluto…

Per dirla in maniera romantica, questa vastità piatta vuota e immobile non è posto per la Musa.
Sembra che il movimento sia vita per lei, proprio come ha detto qualche antico filosofo. L’azione sembra avere una inerente capacità di stimolare altre azioni.
E qui comincia la Meraviglia e qui comincia la Guerra… (Steven Pressfield, The War of Art. Un grande libro!)

Mi connetto alle fonti che sono, semplicemente, quello che mi circonda, qui e ora.

Ma non sono più un semplice osservatore. Prendo parte, tento di cogliere un barlume della Musa, di sorprenderla in azione. Ci provo facendo domande, non semplicemente stando a guardare. L’idea infatti non è di stare a guardare, ma di vedere. Cerco di rompere la superficie delle cose, di andare più giù.
E questo potrebbe rivelarsi come un movimento reciproco, perché proprio mentre cerco di immergermi oltre la superficie delle cose, loro cominciano ad affondare dentro di me, rompendo la mia superficie, modificando il mio equilibrio, cambiando la mia chimica interiore, arando la mia anima.
Quando la terra viene rigirata, respira meglio e cominciano a crescere germogli.
Questo è qualcosa che sembra piacere molto alla Musa: azione, movimento, respiro e crescita. Spargerà la sua polvere dorata e la Meraviglia si rivelerà.
Sarai colpito e probabilmente di sorpresa, non nei tuoi termini. La Musa e la Meraviglia congiureranno con le fonti e ne nascerà una storia. Qualcosa da dire, immagini trasfigurate in fotografie, pixel in significati, istantanee in arte.

E allora la Guerra avrà inizio.
Anche questo non è niente di nuovo. E’ già stato detto prima, come spesso lo sono le cose di valore. Guerra e Tumulto.

Io non sono cambiato. Sono sempre la persona pigra che ero, e ancora molto propenso a procrastinare il più possibile.
C’è tuttavia una differenza, molto grande. Ho visto la Meraviglia e assaporato la sua grazia. E’ indimenticabile. Non riesco a comportarmi come se niente fosse mai accaduto. Mi sentirei estraniato, orfano, gettato da parte.
E questa è la Guerra. Il conflitto tra le scoperte e le abitudini, tra movimento e pigrizia, tra innamorarsi e andare a pezzi…

Litigo con tempi e diaframmi come chiunque altro, ma…

…la Meraviglia la Musa la Guerra…

Di questo scriverò qui, credo…