La luce è una “variabile” costante nelle arti visive.

Lo so, suona strano…

Costante perché è la luce a rendere possibile l’arte visiva. Senza luce non c’è vista.

Variabile perché è quello che è, cambia continuamente.

Quando si fa qualche esperienza in studio, con quella luce così controllabile, si impara anche la splendida occasionalità della luce naturale.

Qualcuno dice “buona luce” come augurio. Qualcuno dice che non c’è luce bella o brutta, ma solo luce.

Gli artisti naturalisti amano la “golden light” dell’alba e del tramonto.

Forse hanno tutti torto e tutti ragione.

Ci sono momenti in cui è la luce stessa il soggetto, il suo colore, le ombre astratte che genera. Altre volte il protagonista sarà ciò che viene illuminato e il particolare aspetto di esso che la luce starà rivelando.

C’è, secondo me, un’altra “variabile costante” che è regolarmente lì, ogni volta, ma che non sempre comprendiamo.

Costante perché sta lì, sempre.

Variabile perché si trasforma, continuamente.

Perché ci sia un’immagine c’è bisogno di luce, chiaro.

Perché ci sia un’immagine c’è bisogno che quella luce illumini qualcosa, vero.

Perché ci sia un’immagine c’è bisogno di un occhio che veda e non si limiti a guardare, soprattutto.

Di questi elementi si compone il racconto, tutti essenziali.

Qualcosa da raccontare, una angolazione, un narratore.

L’ispirazione nasce nell’incontro di queste tre “variabili”.

Ma nella luce più dorata, di fronte al paesaggio più maestoso, se dietro quegli occhi non c’è un’anima, nulla verrà creato.