Era un uomo di poche parole. E di molte grida.
Ci arrivò tra capo e collo una mattina d’inverno, fredda e luminosa, al rifugio per senzatetto in cui ero volontario, a Napoli.
 
Dopo pochi giorni fu per tutti “four wheels drive Tony”, per quella sua meravigliosa capacità di arrivare dappertutto con la sua sedia a rotelle, anche quando si trattava di scalinate da incubo.
 
Aveva perso entrambe le gambe, credo in qualche incidente avvenuto anni prima, non ne sapemmo mai di più.
 
Probabilmente era solo uno dei tanti pazienti psichiatrici usciti da un ospedale dopo l’approvazione della legge Basaglia.
 
Antonio fu dimesso, ma la sua famiglia non si trovava da nessuna parte o forse sparì subito dopo. E così, armato solo della sua sedia a rotelle, uscì dai cancelli dell’ospedale e si perse nei gorghi della città.
 
Era un fumatore accanito e si procurava il denaro per le sigarette e per un po’ di cibo chiedendo l’elemosina per le strade.
 
Per qualche motivo aveva cominciato a spegnere i mozziconi su una cicatrice circolare che aveva sulla coscia destra. Divenne sempre più profonda, assumendo le sembianze di una ceneriera di carne. Quando lo conobbi, la teneva sempre piena di sigarette fumate a metà.
 
Non credo che sapremo mai il tipo di sofferenze che dovette affrontare prima di arrivare al rifugio. Non usò mai molte parole e anche quelle poche erano solo frammenti, interrotte da grida selvagge e sputi.
 
Presi l’abitudine di mangiare un piatto di spaghetti con lui, a pranzo. Facevo del mio meglio per fare quattro chiacchiere.
Sembrava tollerare la mia compagnia, ma non la diede mai per scontata.
Ogni giorno era un nuovo inizio, come se non ci fosse stato un ieri e non ci sarebbe stato un domani.
Gli fu data una stanza, con altre persone, ma non la usò mai. Anche se era inverno, gli piaceva dormire sul pavimento di cemento del cortile, appena riparato da una vecchia coperta, le stelle sopra di lui, cemento freddo come il ghiaccio a fargli da materasso.
 
Questa immagine è di una mattina presto, una delle ultime che trascorse con noi.
 
Immagino che qualcosa nella sua testa debba avergli detto che il suo lavoro con noi era finito.
 
Semplicemente, spalancò il cancello e andò via di fretta.
Non lo vedemmo mai più. Vagabondai per le strade per diversi giorni cercandolo, ma era semplicemente andato.
 
Questa foto per me dice sia la vicinanza intima sia la distanza siderale che come esseri umani possiamo incarnare, a volte senza una sola possibilità di comprendere o essere compresi…
 
La sua storia resta non detta, il suo destino ignoto.
Una realtà comune ed estremamente umana è nascosta in queste ultime parole…
 
Bene, almeno, anche se oscuramente, una piccola parte di quella storia è stata detta qui, Antonio…